Meditazione Vipassana: come funziona

Meditazione Vipassana: come funziona

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  • Come Funziona la Tecnica di Meditazione Vipassana
  • cosa è la meditazione Samatha
  • perchè è facile da fare
  • e molto altro…

La meditazione Vipassana permette di diventare consapevoli di molte cose dentro e fuori di noi. Talvolta permette di realizzare aspetti altrimenti radicati nel profondo remoto della nostra coscienza. 

“Realizzare” non significa semplicemente “comprendere” mentalmente o cognitivamente, ma di realizzarle anche con tutto il nostro essere.

 Non a caso la chiamano “insight meditation” proprio perché permette talvolta di avere delle esperienze di profonda comprensione tipiche dell’espressione “aha!” che gli inglesi chiamano “insight”.

 Ma come funziona tecnicamente la meditazione vipassana?

 Beh a parlarne tecnicamente, se non l’hai mai fatta, potrebbe sembrarti complessa, ma non lo è affatto: sono solo le descrizioni tecniche a poterla fare sembrare così.

 Quindi, se sei alle prime armi ti consiglio di cominciare semplicemente a praticarla anziché continuare ad ascoltare la descrizione che segue:

 Basta che vai alla home page di www.comemeditare.it o scarichi la meditazione guidata audio che trovi in alto a destra.

 Invece se la pratichi già da un pochino forse può incuriosirti sapere come è fatta.

 Si tratta di una doppia tecnica: quando pratichi la meditazione Vipassana pratichi anche all’inizio -e ci ricorri in seguito tante altre volte- alla tecnica di meditazione Samatha.

 Molti infatti quando parlano di Vipassana amano specificare ed unire le due parole chiamandola tecnica di meditazione Samatha-Vipassana.

 Samatha è una parola nell’antica lingua pali che mi piace tradurre con: meditazione del “calmo dimorare” e Vipassana con meditazione di “Visione Profonda”.

 Abbiamo già parlato in precedenza di cosa è la meditazione Vipassana (clicca qui per saperne di più) di Visione profonda, quindi partiamo dal capire meglio cos’è Samatha: perché si inizia con Samatha, come funziona è perché ci ricorriamo più volte durante una sessione di meditazione vipassana.

 Eheheh con tutte queste parole tecniche immagino che a questo punto tu sia con la testa piena di punti interrogativi “???”, tranquilla/o sono solo parole è molto facile! La distinzione tra una e l’altra è più tecnica che di fatto.

 Mentre la fai non stai troppo a pensare se è l’una o l’altra: semplicemente quando ti rendi conto che i pensieri ti hanno distolto troppo l’attenzione, dolcemente, senza né inseguire né respingere i pensieri, torni ad osservare il respiro.

 Torniamo a Samatha. La meditazione Samatha serve a concentrarci: non nel senso di sforzarci ma a raccogliere la nostra attenzione e le nostre energie per radicarci nel “qui ed ora”.

 Stare in Samathi significa proprio stare in uno stato di quiete, dimorare nella calma. Ecco perché iniziamo proprio con questa tecnica perché rispetto ai mille stimoli del quotidiano ci raccogliamo un po’ e ritroviamo noi stessi, ritroviamo la calma e la pace.

 Tecnicamente funziona in modo molto semplice: osserviamo il corpo e le sue sensazioni: un modo molto classico è osservare il respiro.

 La meditazione guidata gratis che trovi in alto a destra (o cliccando qui per meditare subito) è proprio una meditazione Samatha del “calmo dimorare”

 Ok quindi con la Samatha ancoriamo la nave della nostra mente che altrimenti si ritroverebbe sballottata dalle onde.

 O, come dicono alcuni maestri: in Samatha raccogliamo le pile che mettiamo nella torcia.

 Con la Vipassana usiamo quella torcia per osservare, con il suo raggio di luce, tutti i fenomeni che entrano nel nostro campo di esperienze.

 Osserviamo e portiamo a consapevolezza tutto ciò che c’è: le cose “così come sono”

 O, nell’esempio della nave, una volta ancorati, scandagliamo in profondità e ci fermiamo a capire cosa succede dentro ed intorno a noi.

 Permettendoci quindi di “vagare” consapevolmente con la mente qua e là è più facile tornare a distrarci.

 Quando ci rendiamo conto di esserci distratti torniamo alla nostra àncora al nostro respiro, a Samatha.

 Vedi come poi è molto semplice nei fatti: prima ci raccogliamo, poi osserviamo tutto ciò che accade ed ogni volta che ci distraiamo, torniamo a raccoglierci.

 Succede anche spontaneamente di passare da Samatha a Vipassana e viceversa.

 Se ad esempio io sto osservando il respiro da un po’ e sono in presenza mentale ecco che è facile che le mie percezioni si acuiscano. È quindi semplice ch’io permetta alla mia mente di estendere il campo di percezione anche ad altri fenomeni oltre al respiro.

 Così come, se estendendo la mente io mi sono distratto, nel momento in cui me ne accorgo mi verrà naturale tornare a raccogliermi ancorandomi al corpo o al respiro.

 Ecco perché quindi Vipassana è legata a Samatha e perché ricorriamo alla meditazione Samatha sia all’inizio che più volte durante una meditazione Vipassana.

 La meditazione Vipassana tuttavia è proprio quella parte di meditazione che veramente ci permette di portare luce in ogni angolo della nostra esistenza che in quel momento siamo in grado di consapevolizzare.

 Praticare la meditazione Vipassana ci aiuta quindi a monitorarci in continuazione e a godere di più della nostra “Presenza”, in altre parole ci aiuta ad essere più vivi.

se vuoi saperne di piu qui trovi dei video estratti da un corso di meditazione vipassana ricco di recensioni positive

 

 

se vuoi tornare a delle semplici istruzioni per fare la meditazione clicca su: come meditare

 Image from freedigitalphotos.net Meditation By Young Women” by tiverylucky

 

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Vincenzo

Ciao a tutti, vorrei dare un mio contributo con il desiderio unico di rendere un supporto reale, raccontando la mia esperienza con questa tecnica, alla comprensione di Vipassana. Vipassana, secondo la mia esperienza, è una tecnica meravigliosa che molto spesso, soprattutto per la sua complessità e complice anche l’inadeguatezza del linguaggio, uno strumento grossolano per un insegnamento che va al di là delle parole e al di là del modo in cui siamo abituati a conoscere, viene compresa solo in una sua componente semplificata, tralasciando la sua vera essenza, il suo intimo, ne risulta semplificato soprattutto l’insegnamento che così perde le sue parti essenziali fondamentali per la comprensione di questa tecnica. Vipassana è una tecnica psicologica di auto conoscenza e auto guarigione che utilizza la meditazione per raggiungere i livelli più profondi del nostro Essere. L’insegnamento di Vipassana vibra su un piano di conoscenza sconosciuto che non può essere compreso, può solo essere sperimentato. Questo è possibile con una pratica intensa svolta nel modo corretto. Potrei dire che Vipassana ha due livelli di comprensione, uno superficiale ed uno profondo. Quello superficiale è quello raccontato su queste pagine, dà molti benefici, racconta in qualche modo come ci si sente, come si riesce ad osservare la realtà di ciò che è quando la pratica di Vipassana viene realizzata nel modo corretto ma lo confonde con la tecnica di meditazione in se stessa. In sostanza insegna una conoscenza intellettuale, razionale, ancorata e radicata nei vecchi ed automatici schemi di comprensione che ci riportano continuamente sul piano di conoscenza noto senza permetterci di attuare quel salto quantico necessario alla trasformazione, ed alla trascendenza della conoscenza su un piano oggi sconosciuto. La meditazione illustrata su questo sito è sostanzialmente Mindfulness che sicuramente aiuta ed è un’ottima tecnica per calmare le mente. Aiuta perchè concentra la mente, la rende più sensibile, meno reattiva, più equilibrata, ma questo sempre e solo ad un livello superficiale, non arriva mai nel profondo, non può, non ci sono gli strumenti. Questo è il limite di molte tecniche di meditazione, la maggior parte di molte psicoterapie, della mindfulness e di molte tecniche che fanno della presenza e del ricordo di se uno strumento importante e fondamentale. Avendone importanti benefici è facile cadere nell’illusione che quella sia “la meta”, che quella sia la possibile liberazione. Infatti il termine di paragone è con la propria realtà precedente ed i benefici sono evidenti. Questo può essere un peccato perchè non ci permette di osare di più, di andare più a fondo, di conoscere Vipassana nella sua essenza. Quando si pratica questa “vipassana semplificata” non si arriva mai a sradicare le impurità annidate nella mente inconscia, neanche si riesce a scalfirle. Così spesso accade che dopo un pò, nel tempo, si comincia a ricadere nelle proprie negatività, nei propri meccanismi e negli antichi schemi mentali, ci si ritrova di nuovo di fronte alle nostre impurità appena graffiate dalla esperienza di meditazione, si fanno delle pause, si provano altre tecniche, si cercano altre soluzioni, altri stratagemmi per migliorare la propria esistenza.
Vipassana è una tecnica meravigliosa e deve essere compresa e praticata a fondo, l’insegnamento è preciso, molto dettagliato, chirurgico, ed e’ quello del satipatthana, e va che mpreso e praticato con serieta’ e durante un ritiro.. Ogni parola e’ pesata. L’insegnamento deve essere trasmesso quando la mente è in un profondo stato di assorbimento e di concentrazione chiamato samadhi in cui si puo’ entrare dopo tre/quattro giorni di ritiro intensivo, di preparazione per passate a vipassana. Teoria e pratica devono viaggiare alla stessa velocità. Quando accade, Vipassana comincia a lavorare nel profondo, cominciano ad essere intaccate le parti più sottili della mente inconscia e iniziano ad innescarsi cambiamenti radicali che modificano gli schemi mentali nocivi alle radici. Il mondo acquista una luce diversa, un suono diverso, un profumo diverso, sensazioni nuove e sconosciute cominciano ad abitare il corpo in modo permanente. Il cambiamento è radicato e permanente e sarà difficile tornare indietro. Ci si ritrova in uno stato di coscienza nuovo dove ciò che accade all’esterno, continua ovviamente ad accadere ma non disturba più la mente che abita uno stato imperturbabile. La mente diventa leggera, pacifica e compassionevole. Una “energia” un senso di pace profonda, di unione con ciò che ci circonda, uno stare in perfetto equilibrio esattamente con quello che c’è, sgorga dal profondo del nostro Essere e ci porta in uno stato di presenza in cui tutto ha un senso diverso da quello a noi fino ad oggi noto. La nostra percezione dell’universo si è modificata irrevocabilmente e noi abitiamo questo mondo con una consapevolezza nuova per la quale non esistono parole, non esistono espressioni e la si può solo sperimentare. Vipassana bisogna che sia sperimentata ed insegnata nel modo corretto. Occorre probabilmente un ritiro serio. Per la mia esperienza vedo molto improbabile poter “entrare” in questa tecnica senza un’immersione profonda. Vipassana è una tecnica complicata che richiede impegno, studio, costanza e tanta, tantissima pratica. In bocca al lupo, e spero di esser stato di aiuto almeno per qualcuno. Vincenzo

Claudio

ciao Vincenzo sicuramente ogni parere può essere di aiuto e ritengo che senza dubbio anche tu lo sia stato per più di qualcuno.

Sono d’accordo quando dici che la pratica è l’essenza della Vipassana e che la teoria serve a poco (se non propedeutica alla pratica stessa).

Concordo anche che in un ritiro intensivo di 10 giorni si vivono delle esperienze con un grande intensità difficili da ottenere con una pratica una-tantum giornaliera. Difatto un ritiro intensivo è senz’altro un punto di svolta per molti praticanti, e lo caldeggio vivamente anche io.

Tuttavia, in un mondo dualistico come quello occidentale, tendiamo a buttare via il bambino con l’acqua sporca ed attaccarci alle definizioni: “o bianco o nero”.

I libri sulla vipassana contengono molte parole. Persino il canone pali è ricco di parole.

Le parole concordo, sono solo concetti, ma non metterei al rogo libri, blog, video o altre cose che possono stimolare la pratica ed una maggiore realizzazione a tutto tondo anche grazie alla pur fredda comprensione teorica. Sono convinto che un buon sostegno teorico può sostenere la pratica, purchè non sia speculativo, ma induca ed invogli a mettersi a meditare.

Analogamente, benchè concordi pienamente con te sulla unicità e la preziosità di un ritiro, eviterei il “tutto o niente”. Praticare nel quotidiano di tutti i giorni non è soltato utile ma ritengo sia ciò che un uomo moderno dovrebbe fare.

Certe “realizazioni, “insight” e la coltivazione della consapevolezza, sono esperienze troppo preziose per lasciarle relegate nel “solo”, per quanto “prezioso”, ritiro di 10 giorni e caldeggio vivamente la messa in pratica della meditazione -anche per poco tempo- mantenendo una costanza quotidiana anche mentre siamo nella vita di tutti i giorni.

E sono straconvinto che l’essenza della vipassana vada cercata nel vivere quotidiano qualsiasi che ci troviamo a condurre.

L’essenza ritengo sia quello di stare “con ciò che c’è” e non con il “vivo una esperienza fuori dal mondo 10 giorno e solo quella è l’essenza della vipassana”.

Non sono parole tue Vincenzo, e non credo sia quello che volevi dire tu, non sto scrivendo per contrastare quello che ritengo sia un contributo prezioso, ma per dare una botta al cerchio oltre che alla botte, altrimenti chi ci legge potrebbe essere indotto a pensare che solo in un ritiro si possa giungere a tali realizzazioni.

Invito comunque chi ci legge a seguire il tuo consiglio rispetto a fare un ritiro, so che oggi come oggi è difficile concedersi 10 giorni, ma cambiano la vita più di una vacanza al mare od una settimana bianca. Quindi vale la pena ritagliarsi un po’ di tempo..

Un mio amico accumula le vacanze tutte insieme e si fa 30 giorni difilata di ritiro a gaiahouse in inghilterra: 30 giorni di pratica in silenzio! tutte le sue vacanze! lo fa da anni e da molto molto valore a quei momenti.

Quindi per te che ci leggi (che leggi me e Vincenzo), valuta di farti un bel ritiro, ne vale la pena e nel frattempo, continua a praticare la meditazione anche nel tuo normale quotidiano, anche perchè quando tornerai alla vita di tutti i giorni potrai trasformare meglio ogni istante della tua vita come un momento magico!

Un momento magicamente “normale” proprio come lo è questo di Adesso.

grazie Vincenzo per il tuo prezioso contributo

Riccardo

Ciao, Claudio 🙂
Innanzitutto voglio ringraziarti per i tuoi articoli e per i tuoi video su YouTube, che rendono chiari e semplici alcuni concetti sulla meditazione che altrove ho trovato espressi in maniera molto più criptica e complessa!
Nel mio percorso da autodidatta sei diventato una sorta di “Guru Virtuale” e i tuoi articoli e video fungono da porto sicuro in cui tornare ogniqualvolta mi perdo nella tempesta dei miei dubbi Ahahaha
Un errore in cui sono spesso incorso nella pratica della Samatha (e forse come me anche altri neofiti) è quello di aver associato la concentrazione alla tensione piuttosto che al rilassamento.
Questa tensione mi ha portato sì ad uno stato di consapevolezza, ma quest’ultimo si è rivelato temporaneo, poichè questa tensione non poteva essere sopportata per un lungo periodo.
Come una pentola a pressione che esplode, se lasciata troppo tempo sul fuoco!
Con l’esperienza ho elaborato questo concetto e oggi capita sempre meno di ricadere in questo errore, comunque vorrei sapere se c’è qualche consiglio che puoi dare a me e agli altri neofiti, affinchè si possano limitare i danni in questi casi!
Grazie in anticipo della risposta 😀

mauro

Grazie davvero caro Claudio…ormai pratico la meditazione da poco piu’ di un anno e devo dire che sto davvero bene, con me stesso e con il mondo, grazie ancora

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