I tre tipi di meditazione

I tre tipi di meditazione

Quali sono i tipi di meditazione?

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Questa è una domanda classica.

I tipi di meditazione possono essere virtualmente infiniti, io, per capirci, le divido in tre tipologie; la mia è una classificazione personale e, in realtà, lascia il tempo che trova.

Dico che “lascia il tempo che trova” perché, in realtà, queste tecniche possono intrecciarsi, e vedrai che qualcuna ha un po’ dell’una e un po’ dell’altra; tuttavia, questa classificazione ci aiuta a fare un poco di chiarezza.

I tre tipi di meditazione sono i seguenti

la prima è la meditazione che ci ancora all’”adesso”, e che sviluppa pace, tranquillità e focalizzazione; la seconda è la meditazione che sviluppa consapevolezza; e poi c’è una infinita schiera di meditazioni, che vengono sì definite “meditazioni”, ma che, in realtà, rispetto alle altre due hanno caratteristiche diverse.

le meditazione autoipnotiche o fantasie guidate

Analizziamo le ultime dell’elenco, quelle che non ritengo essere delle meditazioni vere e proprie.

Sono delle pratiche focalizzate all’ottenimento di un beneficio, che può variare; ad esempio: voglio fare un percorso volto al focalizzarmi sulle mie vite precedenti, quindi entro in uno stato meditativo – che di fatto è una auto ipnosi, una sorta di trance – e vado a ripercorrere le mie vite precedenti.

Analogamente, posso fare una meditazione volta a sviluppare una apertura del cuore – come, per esempio, “la pratica delle benevolenza” – e mi induco in uno stato mentale molto rilassato e molto ricettivo, aprendomi alla possibilità di amare gli altri aprendo il mio cuore.

Oppure posso fare delle fantasie guidate, in cui ripercorro alcune cose.

Le meditazioni del terzo gruppo sono infinite e, come vedi, la loro caratteristica è che, in uno stato particolare di apertura mentale, si cerca di indurre un qualcosa che non c’è.

Queste – che molti chiamano meditazioni – dal mio punto di vista non sono propriamente delle meditazioni vere e proprie, sempre che con il termine “meditazione” intendiamo una tecnica che ti aiuta a stare con le cose così come sono.

Per stare con le cose così come sono, dobbiamo stare con quello che c’è, non con quello che vorremmo ci fosse.

le meditazioni base per ritornare a “qui ed ora”

Quello che infatti facciamo, soprattutto con le tecniche meditative di base – che vanno benissimo anche per gli avanzati, quindi sono “di base” per modo di dire – è quello di focalizzarci su qualcosa.

La mente grossolana – quella “grezza” – tende a distrarci con tutta una serie di pensieri e un chiacchiericcio mentale continuo, e quindi ho bisogno di sviluppare, con una tecnica meditativa, la capacità di focalizzarmi e di ricentrarmi; di ritrovare me stesso – altrimenti, io non esisto: sono perso nei pensieri e non vivo l’attimo presente – e ottengo questa centratura focalizzando la mia attenzione sul momento presente.

Facendo in questo modo, ritrovo il presente e ritrovo pure la pace.

Una di queste tecniche – molto usata – è quella di utilizzare il respiro.

Quando io mi focalizzo sul respiro, lo percepisco nel qui e ora e trovo la pace; do meno retta ai pensieri – che mi portano nel futuro e nel passato, generando ansie e preoccupazioni – e rimango focalizzato nell’adesso: perché il respiro è adesso, e lo posso sperimentare, nel suo fluire, proprio nel momento presente.

Quindi, quando io prendo la mia attenzione e la rivolgo verso il respiro, sto, di fatto, ancorando la mia attenzione a una esperienza che è nel qui e ora.

Stando nel qui e ora sfrondo tutto il chiacchiericcio mentale e tutte le distrazioni, e sono molto focalizzato.

Quindi, queste, sono tecniche di focalizzazione e di pacificazione: troviamo la pace, calmiamo la mente e la focalizziamo tantissimo.

Queste tecniche hanno bisogno di un oggetto di concentrazione, come appunto il respiro, ma possono esserci altri strumenti, come il corpo – che vive nel qui e ora – , o anche il mantra.

Focalizziamo la nostra attenzione su qualche cosa, lasciamo più sullo sfondo il pensare – senza tuttavia cacciarlo via – e cerchiamo di ancorarci il più possibile al corpo, al mantra o al respiro.

E quindi, a questo punto, ne abbiamo già dette due: la prima che abbiamo detto non è proprio una meditazione, perché cerchiamo di cambiare delle cose; nella seconda, cerchiamo di stare nel qui e ora.

La meditazione delle meditazioni: la meditazione di consapevolezza

E poi c’è questa altra categoria, che di fatto è un’unica meditazione, ma che può essere chiamato in vari modi.

Ultimamente è di moda chiamarla Mindfulness; io però la chiamo Vipassana, perché l’ho imparata secondo la tradizione antica cui si rifà anche la Mindfulness, e io preferisco andare proprio alla fonte (perché ci sono meno “sporcature”, si va proprio all’acqua pura).

Come dicevo, questa tecnica si chiama Vipassana – che significa “visione profonda” – ed è una tecnica la cui caratteristica è lo sviluppo della consapevolezza.

Prima abbiamo bisogno di focalizzarci: le tecniche di focalizzazione e centratura sono necessarie infatti un po’ in tutte le meditazioni – anche nelle auto-ipnosi – perché altrimenti non si entra nello stato meditativo.

La focalizzazione è perciò necessaria anche in questa terza categoria (che, ripeto, è un’unica tecnica), solo che, in questo caso, non avrò più solo un oggetto di riferimento; ovvero, se la nostra attenzione è molto radicata sul respiro, di che cosa siamo consapevoli?

Del respiro, ovviamente.

Oppure, se siamo molto legati al mantra, la nostra consapevolezza sarà molto limitata al mantra stesso.

Invece, la meditazione di consapevolezza – Mindfulness o Vipassana che dir si voglia – dopo che abbiamo focalizzato la nostra attenzione e ci siamo ritrovati nel qui e ora, ci apre, a 360 gradi, a tutto ciò che sperimentiamo.

Di fatto, l’oggetto di meditazione diventa la nostra stessa consapevolezza.

Non più solo il respiro, quindi: tutto ciò che si porta alla nostra attenzione diventa oggetto di consapevolezza

Sorge un pensiero?

Io lo osservo, ma rimango nella posizione dell’osservatore.

E questo mi permette di sviluppare, a 360 gradi, la consapevolezza di come sto al mondo; vado più in profondità, e mi arrivano degli insight: delle comprensioni più chiare del mio rapporto con la realtà.

Non sono più consapevole solo di come respiro, sono più consapevole di come sto al mondo; perché è tutto quello che emerge a poter diventare oggetto di osservazione.

Poi, questa tecnica, può anche mostrarmi altre cose, per esempio come reagisco a uno stimolo.

Arriva uno stimolo, e come mi fa stare: mi piace? Non mi piace? Mi è indifferente?

Come vedi, è un’indagine a 360 gradi, a vari livelli, e tutti questi livelli mi portano sempre più in profondità rispetto al semplice stare con il respiro; stare con il respiro è utile, fondamentale, ma alla fine mi lascia sempre là.

Ricapitolando, quali sono queste tre categorie?

Una è quella di focalizzazione, in cui prendo un oggetto e mi focalizzo su di esso; la seconda è quella di consapevolezza, in cui non sono più legato a un oggetto specifico ma sto con quello che c’è.

Entrambe queste categorie mi piace definirle meditazioni, perché do alla parola meditazione il significato di una cosa che mi aiuta a stare con le cose così come sono.

Poi c’è una terza categoria.

In questa categoria rientrano tutte quelle pratiche che, in uno stato mentale ricettivo, cercano di indurre un qualcosa che non c’è; oppure stimolare, o nutrire, un aspetto specifico che in quel momento non è evidente e devo quindi andarlo a cercare (come avviene con la pratica di benevolenza o con l’auto-ipnosi regressiva).

Tutte queste tre categorie, in realtà, si intrecciano.

Ad esempio, se io mi focalizzo sulla pace nel mio cuore, da un lato la sto stimolando ma dall’altro la sto usando come oggetto.

Un po’ più particolare è la Vipassana; che è, dal mio punto di vista, la meditazione principe, la più profonda.

È la meditazione principale che faccio, e che invito a fare; perché è quella che permette di andare davvero in profondità, e di scoprire veramente noi stessi.

“Scopri chi sei”, dicevano gli antichi.

E per scoprire chi siamo dobbiamo sviluppare la consapevolezza, e guardare a come noi agiamo nel mondo a 360 gradi, e non solo rispetto a una circostanza stimolata o indotta, oppure rispetto al solo respiro.

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