Meditazione Salute e Scienza

Scopri come meditare fa bene alla mente,allo spirito, al corpo e alla Come_Meditare_Roberta_Ronconisalute.
 
Anche la scienza occidentale, di fronte all’evidenza,è stata “costretta” ad avvalorare quello che per chi sa come meditare è un dato di fatto
 
L’amica praticante giornalista Roberta Ronconi racconta a Come Meditare.it i nuovi approcci scientifici alla meditazione

 

Meditazione e scienza.

Esistono prove scientifiche
sui benefici della meditazione?

di Roberta Ronconi

I popoli indoasitici praticano la meditazione, nelle sue innumerevoli varianti, da millenni e non hanno mai sentito la necessità di acquisire prove sulla sua reale efficacia.

E’ la pragmaticità dell’Occidente e la sua “fede” per la scienza a dare il via – sin dalla metà degli anni 50, quando Est e Ovest si trovarono più vicini alla fine della guerra – ad una serie di studi sulla “bontà” della pratica meditativa.

Ma la svolta vera arriva alla fine degli anni ‘90, quando il venerabile Dalai Lama Tenzin Gyatso, invitò neuroscienziati, fisici, matematici e studiosi di tutto il mondo al centro buddhista di Dharamsala, ai piedi dell’Himalaya, perché potessero conoscere i monaci e le monache e studiarne le abitudini.

A capo della delegazione, lo psicologo Daniel Goleman, diventato famoso in tutto il mondo proprio in quegli anni per il suo testo sull’”Intelligenza emotiva”. Lì, a Dharamsala, i meditanti avevano a lungo lavorato su quelle che il Dalai Lama aveva definito le emozioni distruttive per eccellenza: la rabbia, il desiderio, l’illusione.

Ma come poter dimostrare ai luminari dell’Occidente che la pratica meditativa dei monaci aveva portato alla eliminazione quasi totale di quelle “perniciose” emozioni avvicinandoli ad una condizione di pace assai benefica per il loro spirito così come per il loro corpo?

Come rendere visibile all’occhio sempre incredulo dello spirito occidentale, le invisibili percezioni orientali?

Fu così che il monaco Oser, alla fine di quell’incontro tra scienziati e sua Santità, si ritrovò sul lettino di un laboratorio dell’università del Wisconsin, sottoposto prima a una lunga risonanza magnetica (FMRI) e poi con in testa una calotta per  la EEG (elettroencefalografia) a 256 sensori. I risultati furono presto davanti agli occhi di tutti.

Quello che Oser definiva stato di pace e di amore universale, le macchine lo avevano tradotto con un’attività elettrica esponenziale all’altezza del lobo prefrontale sinistro del monaco, zona da tempo individuata dagli stessi scienziati come sede delle emozioni di pace e felicità.

Era l’inizio, quindici anni fa, di una ricerca che poi sarebbe continuata con regolarità, grazie soprattutto alla volontà ( e ai finanziamenti) di un gruppo di neuroscienziati e meditanti riuniti nel Mind and Life Institute, collegato alle principali università americane.

Le case farmaceutiche, invece, di solito così “interessate” alla ricerca su nuove strade per il benessere e la cura, a questo ambito di ricerca hanno sempre mostrato un totale disinteresse.

Del resto, la meditazione non prevede medicine e dunque non fa guadagnare.

Grazie a Oser e agli esperimenti che da lì presero il via si è scoperto, in parole comprensibili, che il cervello con la meditazione cambia, si modifica.

Si ispessiscono alcune zone della corteccia, si riequilibrano i sistemi simpatico e parasimpatico, i neuroni si riplasmano e aumentano tra loro le connessioni, la mielina si espande e la zona cerebrale cingolata anteriore (sede delle emozioni “buone”) si attiva, diventando dominante.

Herbert Benson dell’università di Harvard, è solo uno degli ormai numerosi scienziati pronti a sostenere che la meditazione induce cambiamenti biochimici e fisici rilevanti, indicati nel loro insieme come “risposta di rilassamento”, che include cambiamenti nel metabolismo, nella frequenza cardiaca, nella respirazione, nella pressione sanguigna e in generale in tutta la chimica del cervello.

Aumenta l’attività del sistema parasimpatico a scapito del sistema simpatico, inducendo nella persona risposte di relax invece che di eccitazione.

Non che quest’ultima sia di per sé negativa, ma nel corpo essa coincide con una alta produzione di ormoni quali il cortisolo e l’insulina che, in eccesso, provocano forte stress fisico e mentale creando stati infiammatori sfociabili in malattie degenerative.

E’ di questi giorni la notizia che la meditazione entrerà ufficialmente nei programmi delle forze armate americane. In realtà, sono già diversi anni che grandi maestri, come il monaco buddista Thich Nhat Hanh, lavorano con i soldati reduci da profondi schock emotivi.

Ma ora la pratica sta diventando ufficiale e coinvolgerà il corpo più scelto dell’esercito Usa, ovvero i marines nel cui training verrà incluso un corso base di mindfulness (conosciuta anche come meditazione del qui e ora).

L’obiettivo non ha ovviamente fini religiosi, quanto pratici: preparare la mente dei soldati a rispondere non in modo caotico a situazioni di stress estremo.

Del resto non è direttamente spirituale nemmeno la meditazione usata sempre più spesso nei reparti ospedalieri come terapia anti-dolore per malati terminali.

Vale qui la pena ricordare uno dei principali pionieri delle pratiche orientali applicate alla medicina occidentale.

I primi esperimenti di meditazione e yoga entrano infatti nei reparti di medicina già alla fine degli anni Settanta, quando il biologo molecolare americano Jon Kabat-Zinn fonda la Clinica per la Riduzione dello Stress in Massachussets, basata appunto  sull’utilizzo della Mindfulness-Based Stress Reduction (MBSR).

Da allora è passato oltre un trentennio e oggi quell’isolato esperimento è diventato pratica in diversi ospedali, soprattutto negli Usa.  Il Sutter Hospital in California già da qualche anno ha un giardino per la meditazione, mentre il Central Hospital di New York ha convertito una delle sue cappelle cattoliche in “meditation centre”.

Non sono pochi gli oncologi in tutti il mondo che inseriscono la pratica quotidiana di meditazione tra le terapie anti-dolore per i malati di cancro.

Di esempi simili se ne potrebbero fare anche in Italia, dove – anche se con enorme fatica – ospedali come quello toscano di Pitigliano cercano di portare avanti il progetto di una medicina integrata corpo-mente.

All’ospedale di Bellaria intanto, 80 pazienti oncologici si stanno preparando ad apprendere i rudimenti della meditazione tibetana in corsia.

Si inizia la prossima settimana. “Una medicina per l’anima, non certo per il corpo”, si affrettano a specificare i medici. Ma chissà che il tempo non porti loro qualche sorpresa.

Roberta Ronconi

 

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