9 errori da evitare in meditazione

i 9 errori da evitare in meditazione

Ci sono 9 errori e equivoci che subdolamente ci allontanano da una pratica di meditazione corretta e serena.

Molti riguardano il nostro rapporto coi pensieri, altri invece riguardano il modo di interpretare la pratica meditativa e come rapportarci con il nostro modo di meditare.

ma quali sono questi 9 errori? Scoprili sotto al menu (oppure clicca qui per vedere una raccolta dei 9 video)..

errore 1: meditare non è isolarci

Il primo grave errore di interpretazione riguarda il pensare che meditare significa allontanarci dal mondo, isolarci anziché immergerci totalmente nel mondo.

Benché sia vero che all’inizio di ogni singola meditazione tagliamo i legacci che ci distraggono e ci fanno catturare da mille stimoli esterni ed esterni, ansie paure, eccetera, noi meditiamo per essere più vivi più Presenti nel mondo in cui viviamo

Quindi si per un momento non diamo più retta a tutto “il mondo” di stimoli, staccandocene, per focalizzarci di più ad esempio sul respiro (fase di ancoraggio al presente), ma lo scopo è quello di ritrovarci e farci essere più presenti a noi stessi e consapevoli di tutto quello che ci accade.

Se fossimo isolati su un eremo o su una nuvola di cosa possiamo essere consapevoli? Del nulla in cui siamo immersi se ci isoliamo?

Meditiamo per sviluppare la Presenza, il Testimone, colui che è consapevole di sé e del mondo in cui è immerso.

essere nel mondo e non del mondoSi dice “essere nel mondo senza essere del mondo”

Nel Vangelo di Giovanni Gesù ricorda come è possibile essere nel mondo senza essere del mondo e pregare al fine di abbracciare la Verità.

 Quindi la meditazione serve per permetterci di essere molto Presenti a noi stessi nella realtà senza farci trascinare distrattamente dagli eventi ma vivendoli ad “occhi aperti” in piena consapevolezza.

La meditazione quindi, se da una parte crea uno spazio -una distanza- tra noi e gli eventi, dall’altra ci permette di viverli più intensamente.

Una intensità che non è quella di chi si perde nelle emozioni, ad esempio, ma che, proprio perché ne è consapevole se le vive pienamente senza né perdercisi dentro né negandole o reprimendole.

Chi medita è molto NEL mondo quindi.

se vuoi approfondire questo errore 1: meditare non è isolarci! clicca qui altrimenti scopri l’errore nr 2..

errore 2: i pensieri amici-servitori

A scuola mi dicevano che in filosofia si dice: “penso e quindi sono” (Cartesio). Crediamo addirittura che meditare sia pensare a qualcosa. In effetti in italiano ha anche questo significato.

L’altro giorno ho condiviso un articolo su facebook per fare degli incontri di meditazione e tra i commenti mi sono trovato la domanda: “ma su cosa meditate? A cosa pensate?” 😊 (clicca qui per saperne di più su eventi dal vivo e qui per incontri settimanali a Roma)

Chi medita capisce presto che i pensieri in realtà non sono di aiuto specie se noi ci identifichiamo con essi.

Il più delle volte permettiamo ai pensieri di comandarci, di farci influenzare, con il loro carico di pre-occupazioni (con pensieri sul futuro) e rimpianti (con pensieri sul passato) e ci perdiamo l’unico momento in cui siamo veramente vivi: l’adesso.

Quanto sarebbe bello usare i nostri pensieri, utili per programmare questa vita, piuttosto che perderci dentro lasciandoli padroneggiare il nostro quotidiano.

Non a caso si dice che i pensieri sono degli ottimi servitori ma dei pessimi padroni.

Usiamoli pure, ma pro-attivamente.. non permettiamo loro di governarci 24h su 24!

se vuoi approfondire questo errore 2: i pensieri amici  clicca qui altrimenti scopri l’errore nr 3.

errore 3: Smettere Di Meditare Per Le Aspettative

“Oggi proprio non riesco a meditare” scommetto che anche tu ti sei detto una frase simile.

Il passo successivo è -visto che non riesco a meditare- smetto di farlo o interrompo prima la sessione o smetto di provarci ogni volta dicendomi: “tanto io non ci riesco” e fine di una occasione d’oro di crescita personale…

L’unico vero concetto che vorrei arrivasse da tutto questo articolo è una cosa molto semplice: meditare significa stare con quello che c’è -specie con la meditazione vipassana (clicca qui per saperne di più).

Se quello che c’è è confusione, nervosismo, distrazione ebbene ci sto. Alleno la mia mente confusa a riconoscere di essere confusa.

Questo è meditare! Se io credo di sedermi e stare in pace ebbene ho già creato l’aspettativa di meditare per trovare la pace.

È vero che la meditazione produce pace, ma questa pace deriva dall’osservazione, comprensione ed accettazione di quello che c’è e se non c’è pace osservo quello che c’è.

Se invece di stare con quello che c’è, io mi aspetto di stare in pace, non sto più meditando.

Perché invece di stare con quello che c’è, sto difatto scacciando quello che c’è, per sostituirlo al più presto con quello che vorrei ottenere: la mia aspettativa di pace.

Se vuoi leggere un articolo specifico su questo argomento lo trovi qui, altrimenti ti consiglio di passare all’errore 4

errore 4: credere che in mediazione non dobbiamo pensare

Se ti dico di “Non pensare ad un elefante rosa” che succede in te? Scommetto che hai pensato proprio ad un elefante rosa, cosa che non sarebbe successa se non ti avessi detto di non farlo.

Quando ti dico di “non pensare” cerchi -con la mente- di non pensare. Che è un paradosso! La nostra parte cognitiva, quella che definiamo come attività della nostra mente razionale, non è in grado di fare altro che produrre pensieri.

Quindi dirci di “non pensare” è una battaglia persa.

Quindi quello che facciamo è semplicemente quello di orientare il pensiero, dirigerlo deliberatamente verso un “qualcosa” da osservare: come ad esempio il respiro.

Quando noi osserviamo il respiro, succede una cosa “magica”, siamo noi a decidere a cosa pensare piuttosto che farci trascinare via dagli stessi pensieri.

Diventiamo autori della nostra vita in modo attivo, anzi “proattivo” come si dice.

L’alternativa è quella di essere passivi, reattivi, di rispondere in modo meccanico agli stimoli esterni o alle fantasie create incontrollatamente dalla nostra mente.

Ma a livello cerebrale succede anche altro per saperne di più clicca qui: //www.comemeditare.it/benessere-mentale/sapevi-che/consapevolezza/ mentre trovi un approfondimento su questo errore qui.

Ma passiamo ad un errore che fa venire spesso il mal di testa a chi medita:

errore 5: concentrarsi troppo

Quasi tutte le tecniche meditative richiedono, e allo stesso tempo, producono concentrazione.

Lo stato di concentrazione è sia un risultato ottenuto da un lavoro di “concentrazione”, che appunto il “lavoro” richiesto per concentrarci.

Alcune tecniche sono proprio dette di “concentrazione”.

Ma tutto ciò trae in inganno.  La parola “concentrazione” trae in inganno.

Quello che facciamo in meditazione -specie nella fase iniziale- è piuttosto un “raccoglierci”.

Un “ritrovarci”: infatti l’alternativa è essere dispersi nelle mille attività quotidiane e nl costante chiacchiericcio mentale a cui siamo sottoposti.

Ad esempio per raccoglierci spostiamo la nostra attenzione sul respiro che ci riporta in un attimo nel “qui ed ora”.

Una volta che ci siamo raccolti, non siamo più distratti e la nostra mente è limpida.

Possiamo chiamare questa esperienza “concentrazione” in effetti ma attenti a non confonderla su un’azione forzata come quella di guidare concentrati con il “sangue alle tempie” come quando siamo stanchi o guidiamo con la nebbia.

Il raccoglierci è una azione rilassata, priva di un carico di sforzo che invece la parola concentrazione può ricordare benché sia in effetti una parola corretta.

A questo punto è bene fare chiarezza anche su un altro errore di interpretazione: lo sforzo

 

errore 6: lo sforzo eccessivo

In meditazione dobbiamo forzarci o no?

 Si in meditazione è richiesto un certo sforzo, ma non a costo di perdere la tranquillità della mente!

Buddha (che ricordo non era un dio ma un essere vivente come me e te, che di meditazione se ne intendeva..) diceva che bisogna avere un retto sforzo.

Anzi rientra tra gli otto pilastri fondamentali per raggiungere la fine della sofferenza (vedi qui l’ottuplice sentiero in wikipedia)

Quindi lo sforzo è necessario, ma che tipo di sforzo?

Uno sforzo a riportarci alla pace interiore, al “qui ed ora”. Un’ attenzione a richiamarci alla Presenza.

Senza questo sforzo ci lasceremmo trascinare via da tutto il chiacchiericcio mentale, e dai mille stimoli esterni perdendo noi stessi (ed il tempo prezioso della nostra vita) a dare retta a congetture mentali di ogni tipo.

Ecco che una volontà, una determinazione a riportarci alla Presenza è fondamentale.

Questo tipo di sforzo, tuttavia non è “faticoso”, in meditazione lo è di più lasciarci trascinare dai pensieri. Quando siamo in balia dei pensieri c’è un elevata disperzione di energia.

Quando ci “forziamo” di essere presenti e ci ricordiamo di farlo, quello che si genera è uno stato di pace.

Anche in questo caso ribadisco che non si tratta di farci venire il sangue alla testa per lo sforzo, ma semplicemente non lasciarci vincere dalla pigrizia di “lasciarci vivere” od abbandonarci al mondo delle fantasie quelle che tecnicamente chiamo: “pippe mentali” 😊.

Direi che lo sforzo è più un ricordo, un richiamo ad essere Presenti.

 In fondo ci vuole un “retto” sforzo non uno sforzo esagerato.

Infatti un altro concetto fondamentale è quello di trovare la via di mezzo..

 

errore 7: perdersi la “via di mezzo”

Troppo sforzo dicevamo ci fa perdere la pace e la lucidità mentale mentre poco sforzo ci lascia in balia della distrazione e ci perdiamo momenti preziosi della nostra vita.

Ci vuole una saggia via di mezzo.

Buddha raccontava una storia che gli era capitata mentre ascoltava un musicista che spiegava come accordare il liuto al suo allievo..

Ma ti lascio vedere il video dove la spiego che è meglio… (puoi riprendere a leggere l’articolo dopo)

 

errore 8: meditare non è fare

“Oh adesso faccio un po’ di meditazione” continuo a dirmi.

In effetti la meditazione si fa, quindi riguarda il mettersi a fare qualcosa…

Ma in meditazione, mentre stiamo meditando, quello che cerchiamo di sviluppare è la “Presenza” è un ricordarci di noi, di essere pienamente consapevoli di quello che ci succede.

Quindi ha molto più a che fare con l’Essere” e ha ben poco a che fare con il “fare”.

Se in meditazione.. anzi mi correggo.. non “se” ma.. “quando” in meditazione sono immerso e concentrato sull’aspetto di fare la concentrazione mi ritrovo ad aspettarmi un risultato concreto di quel “fare” e sono tornato ad avere creato delle aspettative (esatto proprio quelle di cui abbiamo appena parlato)

Anche in questo caso ti invito a guardare questo video dal titolo: Come Meditare Correttamente – errore 8 meditare non è fare //youtu.be/AKWDa0sg7bI

 

errore 9: identificazione col pensiero

Un errore più subdolo è quello di meditare, e lasciarsi trascinare dai pensieri SENZA accorgercene.

Quando abbiamo pensieri negativi è più facile renderci conto che c’è qualcosa che non va.. e li spesso ci diciamo: “guarda come sono distratto/a oggi, guarda tutti questi pensieri” e magari, come già detto ci aggiungo pure un “oggi proprio non riesco a meditare”

Ma il problema è piuttosto quando non ce ne accorgiamo.

E questo capita più spesso quando i pensieri sono positivi: ci lasciamo cullare dal mondo di fantasie che ci stanno letteralmente trascinando via, solo che essendo piacevole non ce ne accorgiamo.

Finché ci diciamo “guarda quanti pensieri che ci sono oggi” benché magari abbiamo voglia di smettere di meditare, difatto ce ne siamo accorti.

Ci siamo accorti cioè che stavamo in preda ai pensieri.

Talvolta ci succede invece di esserci abbandonati a pensieri piacevoli ed avere pure la sensazione di avere meditato bene -solo perché ci sentiamo bene- ma in realtà eravamo davvero molto, mooolto, anzi moooolto poco presenti.

In questo video ti racconto di quella volta in cui ero tra gli allievi di un corso di meditazione e, apparentemente, ero l’unico che aveva pensieri, mentre gli altri, inesperti, erano in pace: //youtu.be/ed65INhRHQY

Quando non ce ne accorgiamo siamo totalmente identificati col pensiero.

Quando mio figlio crede che in camera ci sono i mostri quelli ci sono davvero per lui, la paura se lo mangia: in quei momenti mio figlio è totalmente identificato con quella “realtà” anzi “fantasia”.

Ma cosa succede a noi adulti? Pensi di essere differente da un bambino? Ebbene no

Ecco ad esempio cosa succede a me (vediamo se a te non capita qualcosa di simile).

Se io ho pensieri limitanti, mi sento limitato, senza soldi, sfigato, volo basso, ho paura a volare alto e così anche io mi sono identificato con le mie fantasie..

Certo le vivo come “realtà” ed in effetti li riscontro nella vita “reale”:

la scelta di insegnare meditazione e fare il counselor la pago, me ne accorgo ogni volta che faccio fatica ad arrivare a fine mese.

Questo mi fa pensare di essere carente, dopo l’operazione che ho subito cammino anche molto male, insomma sono zoppo.

Ma sebbene questo faccia parte di una realtà, non è la realtà definitiva. Il problema è quando tutto ciò vizia anche il mondo delle idee quando cioè non volo alto ma continuo a volare basso solo perché non ci credo.

O meglio credo troppo nell’essere sfigato, limitato: credo nel mondo di idee che mi sono creato.

Ma se non ci credo come posso migliorare la situazione “reale” semmai la peggioro e risultati come credi che saranno??

Peggioreranno pure quelli e confermeranno le mie paure: attirerò una situazione peggiore: in un ciclo vizioso.

Proprio una identificazione con il ruolo che mi sono appioppato addosso.

Così come mio figlio ha paura dei mostri io ho paura dei miei, ovvero dalle idee -apparentemente supportate dai fatti- di limitatezza.

 

Questo è un esempio di come le fantasie si insinuano e ci limitano tantissimo nel nostro quotidiano:

 riconosciamo i nostri condizionamenti e liberiamoci!

La soluzione

“Basta” stare nel qui ed ora e tutto ciò si disinnesca, ritrovo energie e mi apro al mondo di possibilità che sono nell’Adesso

Ovviamente insistere con la pratica può essere di aiuto, per questo ti suggerisco di fare un corso di meditazione nel tempo.

Io da anni insegno online clicca qui per scoprire il come meditare coaching in un percorso con cui evolvere mese dopo mese. O se abiti in provincia di Roma considera anche la possibilità di farlo dal vivo, clicca qui per saperne di più..

Ovviamente ci sono sempre più insegnati validi ingiro, non sono l’unico e benvenga un percorso con chi sai tu.. io da parte mia “ci sono” mi trovi qui su come meditare, se senti il bisogno di fare un percorso, ti invito a farlo senza rimandare: rimandare è uno dei modo che abbiamo per non evolvere.

Guarda la Playlist con tutti i video dei 9 errori:

Per ogni dubbio o domanda su come meditare vai qui puoi lasciare una tua domanda tra i commenti a fondo pagina

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Costantino

Claudio,scusami se uso questo spazio per porti una domanda che non si allinea con l’argomento.Durante la meditazione io mi trovo molto bene contando dei numeri:vinizio dal 1001 e vado avanti,uso i numeri come un mantra.Trovi che sia giusto ,o no?
Costantino

giulio

salve claudio, normalmente dopo aver praticato la meditazione, si dovrebbe essere piu calmi? io sono più facilmente irritabile dopo che medito

Claudio

salve Giulio, non è affatto detto che si debba essere più calmi. La calma è un effetto che la meditazione produce spesso, ma paradossalmente funziona se accogli quello che c’è mettendoci la tua attenzione.

Se sei irritabile e non lo sai con la meditazione ne accentui la sensibilizzazione. L’effetto che potresti avvertire, nel breve periodo, è anche quello che ti sta succedendo.

Accogliendo quello che c’è (che è veramente meditare) produce calma. Cercare calma affrettandoti a eliminare irrequietezza produce maggiore irrequietezza e non è meditare.

qui trovi maggiori dettagli e risposte a casi simili al tuo: https://www.comemeditare.it/come-si-medita/come-meditare-correttamente/in-meditazione/

Tiziana

Ciao, Claudio,
conoscerai certamente la meditazione cristiana: noi meditiamo su un brano delle sacre Scritture e confrontiamo la nostra vita con quello che abbiamo letto per adeguarci, vedere la lontananza o la vicinanza con ciò che abbiamo letto o ascoltato e preghiamo perché possiamo diventare (fare nostro, per es. l’insegnamento del Vangelo…)… o realizzare in noi quanto meditato, assimiliamo!…
Tu parli, invece di tutt’altra cosa. Come conciliare le due cose? Sei un cristiano, oppure di un’altra religione?
Grazie di cuore e ogni bene da
Tiziana

Claudio

ciao Tiziana, parlo di altra cosa? si e no.. forse è più vero che parlo di altro, ma vedo di spiegarmi meglio.

Intanto ti dico se sono cristiano: sì sono cristiano cattolico ed ho chiamato mio figlio “Cristiano”. Tuttavia appartenere ad un sistema religioso gestito da uomini mi fa sentire stretto. Inoltre devo molto al Buddismo Theravada che mi ha permesso anche di capire e realizzare dei concetti cattolici che mi sfuggivano prima.

Ma quando mi si dice se sono buddista mi fa strano e dissento: sono cresciuto e vivo in seno al cattolicesimo che è ricca della saggezza di cui possiamo fare tesoro. Insomma non amo il bigottismo e gli estremismi di nessuna religione (ed è insito in tutte: nessuna esclusa) per questo faccio fatica a limitarmi ad una sola religione:

amo piuttosto capire, anzi “realizzare” quello che per cui le stesse sono nate: amore, pace e fede nel “ritorno alla casa del Padre”. Ovviamente ciascuna religione usa parole diverse per esprimere la stessa esperienza.

La parola esperienza è la chiave: non è un concetto da apprendere ma una esperienza da fare: non si apre il cuore con le parole ma vivendo questa esperienza di apertura: realizzandola appunto.

Conosco un Buddista che propone meditazioni più o meno come mediti tu: ci si mette in raccoglimento e si fa lettura di testi che fanno muovere delle cose all’interno di noi. Anche questa può essere in effetti un modo di meditare.

Personalmente, benchè approvi anche questo medoto, non lo favorisco, in quanto -specie per persone molto mentali (come il sottoscritto 🙂 )- il rischio è di rimanere agganciato alle parole, ai concetti e di non fare un lavoro in prima persona. Quindi tendo a prediligere una meditazione più esperienziale e meno concettuale (come le tecniche vipassana-samatha o mindfulness).

Ma anche in seno cattolico il lavoro mistico è molto attivo: basta pensare al silenzio coltivato negli eremi, alle opere di carità, al Rosario.

Ci sono Cattolici come Padre Anthony De Mello, Padre Raimon Panikkar, Padre Francesco Piras, Padre Mariano Ballester e Grandi mistici del passato e del presente che spingono verso un lavoro su se stessi al di là dei concetti, allo sviluppo dell consapevolezza al di la dei dogmi, e molti di essi sono molto espliciti nel favorire la meditazione come strumento di crescita personale anche in seno spirituale.

Buddha (che non era un dio ma un uomo) diceva che i suoi insegnamenti erano come una zattera che permetteva di raggiungere l’altra sponda, che poi bisognava abbandonarla: nulla di peggio che attaccarsi alla zattera. La zattera bisogna usarla e poi lasciarla andare altimenti ti limita e così anche le altre religioni.

Purtroppo tutte le religioni, come organizzazioni, difendono la zattera e non l’uso per cui è nata e nascono mille forme di mercificazione religiose: Gesù nel tempio ha manifestato con ardore una ferma contrapposizione ad ogni forma di mercificazione.

Quando però noi usiamo quella ricchezza, quella zattera per approdare al di là, nella “casa del Padre”, i dogmi le definizioni, perdono senso di fronte all’esperienza che si fa.

Questo fa sì che i teorici, anche in seno alla stessa religione, litigano sulle definizioni, sulle parole, sulla semantica, mentre i mistici, di tutte le religioni si capiscono tra loro e il loro messaggio è di amore e tolleranza.

San Francesco è potuto recarsi da solo in mezzo al deserto a parlare di Dio tutta la notte col feroce Saladino e ritornare libero ed incolume nei campi delle milizie “cristiane”. (può un esercito di morte chiamarsi cristiano? Mentre Cristo era un messaggero di amore, pace, tolleranza e soprattutto, perdono..)

Quanto si deve ancora uccidere in nome di Dio? Per difendere una zattera, uno strumento di realizzazione, ma solo uno strumento..

Credo di avere già risposto a tutte le tue domande, tuttavia sento di rendere più esplicito come conciliare le due cose: ascolta il tuo cuore e coltiva quello.

Se con il lavoro meditativo sulle Scritture il tuo cuore si apre, è perfetto per te! Se vuoi, puoi aggiungere la meditazione come la propongo io, ma se funziona la meditazione che fai, “basta” già “solo” quella!

Se invece ti accorgi che i concetti rimangono “parole” e a livello tuo interno smuove poco, aggiungi anche altro e verifica da te. In te trovi, nel tuo cuore, le risposte a queste domande e a altre ancora..

Sant’Agostino diceva “ama e fai ciò che vuoi”

JanJack

Ciao Claudio,
bellissima la tua risposta a Tiziana. Se mi permetti volevo aggiungere un mio commento perché la domanda di Tiaziana è molto interessante. Non ho di certo l’esperienza di Claudio ,io medito da relativamente poco tempo ma mi sento di dire che la meditazione mi ha riavvicinato alla fede cristiana ma non al cattolicesimo,nel senso che non sono praticante cattolico. Essendo d’accordo in tutto quello che Claudio ha scritto,a parte forse la mia personale interpretazione sulla figura di Gesù ma quello è un altro argomento, posso dire quello che a me hanno insegnato :scavare troppi pozzi d’acqua alla fine non ti porterà a trovare l’acqua. Devi scegliere una via una tecnica , si perché a me hanno insegnato che anche nella preghiera è presente la tecnica per noi persone normali, fatta eccezione per chi invece viene toccato dalla grazia , eh ,lo spirito santo soffia dove vuole, di conseguenza anche Santa Teresa D Avila ha sudato tantissimo per raggiungere il “castello”iniziando appunto con delle tecniche ben precise. Quindi bisogna fare una scelta e una non esclude l’altra,nel senso che io tecnicamente medito nel silenzio,ma propio per questo ho imparato ad amare il Vangelo che mi prende con altri occhi e significati più profondi. Ma mi limito solo a leggerlo consciamente non applico la meditazione cristiana.
Come dice Claudio, i modi per contemplare il divino sono diversi ,tanti,l’importante è sceglierne uno giusto per te. Possiamo inoltre dire che la Chiesa si divide in due rami principali:quella ordinaria di tutti e quella mistica. Nella pratica mistica, ho sentito da un esperto,la tecnica che tu fai è ben accolta e apprezzata ma è vista come una fase molto iniziale , diciamo il primo gradino della preghiera . Mentre come raccontano appunto mistici come : S.Teresa ,S Agostino, S. Benedetto della Croce, S. Tommaso, Santo Alberto Magno,monaci Ortodossi etc. la via maestra è il silenzio interiore ,oppure l’invocazione ,la preghiera continua a voce o mentale (come i cosiddetti mantra orientali). Quindi io alla tua domanda rispondo si è possibile assolutamente integrare la meditazione con la fede ,anche perché possiamo dire che meditare è fede, però se fai un percorso meditativo ben preciso devi seguire quello come tecnica rigorosa e continuare a coltivare la tua fede leggendo liberamente ma senza intrecciare le due tecniche . Ognuno di noi ha una predisposizione , chi è più portato per un modo di contemplare e chi un altro , la meta è uguale per tutti. Sia che tu decida di approfondire la via cristiana che quella meditativa orientale adattata a noi occidentali, non devi assolutamente fare da sola ma cercarti una guida esperta. Se decidi di non fermarti a quello che fai ora ma approfondire nella via Cristiana ti consiglio di rivolgerti nei monasteri dove ponendo la tua richiesta puoi tranquillamente parlare con monaci e monache . Oppure rivolgerti a Claudio per questo tipo di percorso. Mai da soli. Un ultima cosa ti consiglio di non provare troppe cose che poi ti portano confusione sforzati di seguire il tuo cuore.
Ps: scrivendo mai da soli,intendo dire andare oltre quello che fai già che da soli va benissimo.
Questo è quanto mi hanno insegnato spero di non aver creato confusione.
Un forte abbraccio.

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